di Collettivo Selva

Scrissi la mia prima poesia a sette anni, per una compagna di classe:

Chiara
sei come un fiore
che sboccia
nel mio cuore

Gliela lasciai sotto il banco, firmata, in una pagina dai ricami dorati, aspettando che la incontrasse. Quando venne a chiedermi se fossi stato io, non ebbi il coraggio di dire sì. Da allora non ho mai più scritto, finché mi sono imbattuto in Chuck Palahniuk. Mi chiamo Francesco, sono arrivato a Lisbona nel gennaio 2015, per gestire la cucina di un ristorante pugliese. Chiusa l’esperienza professionale, racimolavo il minimo indispensabile per pagarmi un ostello in Graça, e del vino.

Alla vigilia della partenza, encontrei o amor, e una famiglia. L’idea di realizzare un blog è loro. Io, non sono più andato via.

Il Collettivo Selva, è un bar virtuale, un bancone bilingue, un luogo dove confrontarsi o farsi due risate. Come?

Attraverso racconti brevi e poesie, storie del quotidiano trascritte in chiavi differenti, che abbracciano vari temi, che finiscono per tentare di spiegare, o no, l’essere umano. Il nome Selva è una dedica alla foresta, alle profondità e alle follie che ognuno di noi si porta dentro, sempre diverse, sempre uguali. Al di là del bene e del male.

Collettivo Selva, nasce nel 2018, con l’intenzione di soddisfare due esigenze, la prima, di avere una finestra sul mondo, un mezzo di comunicazione e di espressione verso l’esterno, verso l’ignoto, e pertanto una sfida, un voler essere partecipi, al dire la propria, utilizzando il potere della parola. Un esercizio, che mi ha permesso di affinare certe forme, e al contempo di avere più fiducia nel mettermi in gioco in contesti reali, di fare un passo.

A Lisbona esistono vari Contest dedicati alla poesia e alla Spoken Word, come il Poetry Slam e il Lab.IO, entrambi caratterizzati dall’eterogeneità dei poeti partecipanti e dal confronto tra essi stessi e un pubblico variegato. Entrare in contatto con queste realtà mi ha concesso l’onore di conoscere gente eccezionale e di sentirmi parte di una collettività che utilizza la parola come strumento di creazione, o come una spada.

Il principio del blog è lo stesso, anche se, è chiaro, dietro uno schermo è più facile.

La seconda esigenza era creare un ponte, un laccio, tra il Portogallo e le mie radici, tra il fermento culturale dei luoghi e dei compagni con cui sono cresciuto e la realtà che mi circonda oggigiorno. Vengo dalla Puglia, la terra dal richiamo perpetuo, con i suoi ulivi, i campi di grano, le città antiche, il folklore, le tradizioni e le contraddizioni popolari. Una terra meravigliosa e ferita, lacerata da dinamiche criminose. Una terra nella quale la lotta è minuziosa e quotidiana. Da qui che parte l’idea del Collettivo, coinvolgendo inizialmente le persone con le quali volevo continuità artistica e quelle che man mano incontro, per questo che nel blog si possono leggere testi in italiano e in portoghese. Non sono quasi mai tradotti da una lingua all’altra  ad oggi contiamo una decina di partecipazioni, tra poeti e scrittori che hanno accettato l’invito. Arrivano tutti da mondi differenti e questo apporta diversità. Allo stesso tempo continua la ricerca di persone con le quali stringere un legame umano e collaborativo.

Lo svolgimento del blog si basa su testi spontanei o che vergano su temi suggeriti, sui quali poi ognuno traspone la sua visione. Abbiamo anche realizzato notti di lettura che hanno dato un bel riscontro e tanta soddisfazione, è una forma costruttiva di crescere e migliorare, ponendosi in altre prospettive, facendo analisi, critiche, dando consigli, insomma, è un sodalizio. L’ultimo tema lanciato, per esempio, è stato “l’amore non romantico”, dal quale iniziano ad arrivare i primi frutti e sul quale c’è tanto da esplorare. Potrebbe essere un suggerimento anche per chi sta leggendo in questo momento.

Vorrei porre un punto importante, e cioè che la cultura della lettura e in particolare della poesia, è molto forte in Portogallo, è qualcosa di radicato fin nel quotidiano popolare, lo si respira e non lo si vive come motivo di saccenza, di elevazione. Tutt’altro, è una normalità, una normalità semplice e umile, che delinea il carattere generale do Povo. Posso ricordare gli anziani delle aldeias (i paesini), che ho incontrato viaggiando in Portogallo. Canzoni e poesia sono un patrimonio che rispettano profondamente, qualcosa di toccante. Sentire la voce flebile di una donnina incurvata di nome Celeste, gli occhi tremolanti e le gengive scarne, cappello di paglia sotto il sole cocente, coi tendini come autostrade mentre taglia le couves di due anni, cantare Inscrição di Sophia De Mello Breyner con memoria ma non a memoria. Quegli unici due versi le si erano piantati dentro come una quercia, ed io beneficiavo della sua ombra.

Una quercia, un carvalho, come il nome della sua terra, Carvalhal.

Tra i grandi poeti portoghesi, oltre al genio di Pessoa, citerei Almada Negreiros e Mário Cesariny, esponenti della corrente surrealista, Antonio Ramos Rosa, la cui opera è comparabile a un’enciclopedia, e poi Ruy Cinatti, Herberto Helder, Ruy Belo, Florbela Espanca. Sono solo una goccia, se pur d’oro, nell’atlantico lusofono.

Oggi assistiamo anche al grande sviluppo turistico e commerciale dentro i confini più antichi d’Europa, che volente o nolente finiscono per intaccare tutto. Chi abitava nella capitale va in periferia, chi abitava in periferia va nella periferia della periferia, e così via, una sorta di onda d’urto che sta modificando dinamiche sociali e politiche. Intanto la fretta, il lavoro, l’affamata speculazione immobiliare, mettono costantemente sotto scacco la pazienza e la calma necessaria a ritagliarsi momenti per analizzare, leggere e pensare.

Siamo una generazione in una fase storica critica. Bisogna voler essere partecipi. E resilienti. Bisogna voler essere tutti piccole rivoluzioni.