di Luca Onesti

Arrivato a Lisbona da studente nel 2012, l’annus horribilis della crisi economica, Antonio Gori è stabile nella capitale lusitana dal 2016. Sono gli anni in cui, in seguito alla crescita turistica e alla liberalizzazione e finanziarizzazione del mercato, la situazione abitativa a Lisbona è incredibilmente cambiata rispetto a poco tempo prima, ma ancora pochi ne parlano, tutti contenti di poter sguazzare nella retorica del boom economico portoghese.

Membro dell’Associazione Habita, attiva da molti anni nella lotta per l’abitazione, si occupa di organizzazione di base nei quartieri popolari e delle relazioni internazionali della stessa associazione. Integra inoltre la squadra di Stop Despejos, nata con l’idea di bloccare gli sfratti, dando visibilità ad una vera e propria “emergenza” oscurata.

Lo abbiamo intervistato per fare il punto su come la pandemia di Covid-19 si incrocia con i problemi abitativi di Lisbona e del Portogallo.

In che modo l’emergenza sanitaria sta colpendo le persone che hanno problemi abitativi? E quali sono i rischi per la salute per chi vive in una situazione abitativa precaria in Portogallo?

I valori esorbitanti dell’immobiliare a Lisbona spingono le persone economicamente più svantaggiate in situazioni di sovraffollamento e insalubrità, in balia dei proprietari. Sappiamo che la mancanza di accesso ai servizi igienici di base, la mancanza di acqua e luce, il sovraffollamento delle case, i problemi di umidità e di isolamento termico e la mancanza di luce naturale e sono fattori determinanti per la salute fisica e psicologica di chi vive nelle case, eppure le istituzioni continuano a ignorare questo ovvio legame tra casa e salute.

Quando un individuo ne ha bisogno non gli viene negato l’accesso alle cure mediche. Invece il diritto a una casa viene costantemente negato, e spesso sono gli stessi comuni che sfrattano le persone spingendole sempre più ai margini o addirittura per strada, aumentando così la distanza sociale nell’accesso ai diritti fondamentali che dovrebbe essere universale.

Durante lo stato di emergenza, sono emersi vari focolai di Covid-19 a Lisbona. Dove? Ovviamente nei luoghi di lavoro ma anche nelle pensioni sovraffollate dove vivono migranti e rifugiati (26 in 80 m2). Secondo il governo locale si tratta di una situazione sconosciuta, ma Habita denuncia da anni queste realtà: le istituzioni fanno orecchie da mercante.

Le misure prese in Portogallo per evitare che l’emergenza sanitaria si ripercuota sull’abitazione si riducono a una sospensione degli sfratti fino al 30 settembre e, per chi subisce una diminuzione di entrate economiche pari o superiore al 20%, la possibilità di rimandare il pagamento degli affitti.  Come giudichi questi provvedimenti? Che cosa propongono Habita e i movimenti per l’abitazione in Portogallo?

Le misure adottate dal governo sono arrivate dopo una lunga serie di pressioni da parte dei movimenti per l’abitare, attraverso azioni e la promozione della campagna “Come si fa quantena senza una casa?”. Se la sospensione degli sfratti è stata senza dubbio un provvedimento di buon senso, il fatto che sia fino al 30 di settembre ci preoccupa perché lascia presagire un’ondata di sfratti in autunno.

Per questo continuiamo a lottare affinché gli sfratti cessino definitivamente,  perché venga riformulata la legge del 2012 (soprannominata “legge degli sfratti”).

In generale pensiamo che queste misure siano insufficienti e che approfondiscano gli squilibri di fronte alla crisi economica e sociale che è già in corso e che si approfondirà. Per salvaguardare il diritto fondamentale alla casa pensiamo che in questo contesto sia necessario: provvedere al cancellamento dei canoni di affitto per chi non è in grado di pagare; che non sia possibile per le banche capitalizzare ancora più interessi durante questa crisi; che esista la possibilità di accedere ai vari programmi promossi dal governo, a tutti coloro che ne hanno bisogno, indipendentemente dallo stato occupazionale o dai debiti fiscali; che venga cancellato ogni nuovo debito generato dalla sospensione degli affitti e dei crediti bancari. Lottiamo affinché si stabilisca un tetto massimo agli affitti a seconda del reddito da lavoro e che sia sospeso ogni sfratto che non grarantisca soluzioni alternative di alloggio adeguato e che si mettano a disposizione gli immobili vuoti, sia pubblici che privati, a scopi abitativi.

Il vostro lavoro si svolge a stretto contatto con le persone. Come sono cambiate le vostre modalità di intervento in questo periodo di distanziamento sociale?

Abbiamo dovuto sospendere lo sportello e le Assemblee di resistenza popolare per il diritto alla casa che costituiscono la base del nostro lavoro.

Ci siamo organizzat* per rispondere online ai dubbi e alle richieste. L’azione diretta non è mai mancata e, insieme a* compagn* di Stop Despejos, siamo riusciti a bloccare una serie di sfratti illegali che lo stesso comune di Lisbona e numerosi proprietari stavano portando avanti. Inoltre abbiamo lanciato due campagne (con tutto il lavoro di produzione di materiali che queste comportano) come quella per le misure speciali in tempo di pandemia “Como se faz quarentena sem casa”  e “Escolher casa e pão, não! Nem rendas nem divídas!”. Da sempre riteniamo fondamentali per la crescita delle nostre lotte il confronto, il coordinamento e gli scambi internazionali, per questo abbiamo partecipato settimanalmente alle riunioni online della European Action Coalition for the Right to Housing and to the City e il Tenants Solidarity Network.

Tra gli aspetti positivi di questo periodo c’è da registrare l’effervescenza delle iniziative di solidarietà che sono nate da un’improvvisa collaborazione tra esperienze autorganizzate che prima della pandemia erano un po’ scollegate tra loro. Molt* di noi si sono dedicate alle formazione di brigate di quartiere, mense e dispense popolari. Inoltre a partire dal nostro spazio, la Sirigaita (che ovviamente ha dovuto chiudere le sue porte), abbiamo contribuito a dar vita a un’esperienza di radio online, Rádio Gabriela, un organo di controinformazione che speriamo possa crescere e durare nel tempo. Si può dire che è stato bello ma anche molto faticoso e siamo contenti di poter tornare alla nostra vita analogica. Gli sportelli sono stati riattivati già a inizio maggio e le assemblee le facciamo all’aperto.

A Lisbona, negli ultimi anni, il prezzo per l’abitazione è stato in costante crescita, gli affitti hanno raggiunto livelli spropositati rispetto ai guadagni delle maggior parte degli abitanti. Con la scomparsa – vedremo quanto temporanea – dei turisti, molti si aspettano una discesa degli affitti. Pensi sia credibile uno scenario del genere? So che è difficile dirlo, ma come pensi possa ristrutturarsi il mercato dell’abitazione a Lisbona?

A distanza di due mesi e mezzo dalla dichiarazione dello stato di emergenza non assistiamo a una grande discesa degli affitti, sebbene sia aumentata l’offerta, almeno per quel che riguarda Lisbona. I vantaggi dei proprietari di “appartamenti turistici” sono numerosi (specialmente per le imprese che ne detengono a centinaia) e non è assolutamente detto che convoglieranno verso il mercato dell’affitto tradizionale. Pensiamo che il mercato non si regoli da solo e che siano necessarie misure forti, a livello statale e locale, che vadano nella direzione di quello che dicevamo poc’anzi. Per adesso assistiamo a una volontà delle istituzioni di salvare i proprietari e i loro prezzi esosi.

Ne è un esempio il programma Renda Segura, lanciato poche settimane fa dal comune di Lisbona: il comune affitta a “prezzi di mercato” (un mercato impossibile per i redditi della cittadinanza) per subaffittarli alla “classe media, con canoni accessibili”. Il contrario di ciò che andrebbe fatto.

Il problema abitativo in Portogallo è sempre più sentito e i movimenti per l’abitazione in Portogallo stanno crescendo. Come si sta organizzando Habita per il futuro di questa lotta?

Siamo di fronte a una crisi di portata epocale e sappiamo che le classi subalterne possono sperare di uscirne indenni soltanto con una lotta dura e una lunga stagione di mobilitazioni. Continueremo a rafforzare il percorso di organizzazione di base che abbiamo intrapreso da qualche anno, con l’obiettivo di moltiplicarsi e uscire da Lisbona e collegare il paese.

Pensiamo che i movimenti in generale, non solo quelli per l’abitare, stiano crescendo in Portogallo: perciò puntiamo moltissimo a creare reti con altre organizzazioni e movimenti, qui come all’estero. Soltanto con le forze autonome e auto organizzate, unite e determinate, potremo affrontare le sfide che questo capitalismo necrofilo ci sta mettendo di fronte. E vincerle.

Luca Onesti, attualmente dottorando in Filosofia della Scienza alla FCUL (Faculdade de Ciências da Universidade de Lisboa) ha pubblicato C’era una Volta in Portogallo (Tuga Edizioni, 2016), 40 anni dopo la Rivoluzione dei Garofani (Raggiaschi Editore, 2014) ed è coautore di Lisbon Storie (2016) il primo documentario indipendente sugli italiani che vivono e lavorano da anni a Lisbona.